Per raccontare la visione de il suicidio di Durkheim è importante partire dai concetti centrali per l’autore.

Emile Durkheim, studioso del suicidio, importantissimo teorico della sociologia francesce, filosofo e storico delle religioni, opera a metà del secolo Ottocento.

La devianza come sociologia

La sociologia, in generale, si pone in modo imparziale nei confronti della devianza: non bisogna trattare la devianza come anormalità!

La devianza è un comportamento che si discosta dalle norme di un gruppo, e a causa del quale l’individuo che lo compie può venire isolato, o sottoposto a trattamento curativo, correttivo, punitivo.

La devianza indica ogni atto o comportamento (anche se solo verbale) di una persona o di un gruppo, che viola le norme di una collettività e che di conseguenza va incontro a qualche forma di sanzione.

La devianza non è definita come la proprietà di certi atti o comportamenti, ma una qualità che deriva dalle risposte, dalle definizioni e dai significati attribuiti a questi dai membri di una collettività (o dalla grande maggioranza di questi).

Questa idea è stata espressa bene da Durkheim, sosteneva, infatti, nel 1893:

non bisogna dire che un atto urta la coscienza comune perché è criminale, ma che è criminale perché urta la coscienza comune. Non lo biasimiamo perché è un reato, ma è un reato perché lo biasimiamo“.

Il suicidio di Durkehim passa attraverso la sua definizione di crimine: è un fatto sociale la cui spiegazione appartiene alla dimensione sociale e risiede fuori dalle coscienze degli individui.

Si distacca dalle teorie finora citate dell’uomo razionale che determina il proprio comportamento consapevolmente e dalle teorie psicologiche legate ai comportamenti individuali, e alla sua psiche, ai suoi disturbi e alle dimensioni della personalità malata.

Durkheim pone le radici del comportamento criminale all’interno della società come influenza sulle situazioni criminali, sottolineando l’importante e centrale concetto che ciò che rappresenta crimine e devianza può essere differente da società a società.

Partendo dalla concezione generale di norma, essa, in qualsiasi società, viene rispettata perché:

  • Siamo stati socializzati al loro rispetto e le abbiamo interiorizzate;
  • Sono rafforzate da sanzioni, ovvero:
    • Positive: ricompensano chi rispetta la norma;
    • Negative: puniscono chi non rispetta la norma;
    • Formali: se applicate da specifiche autorità a ciò preposte (es. polizia, tribunali);
    • Informali: reazioni più spontanee e meno organizzate.

Durkheim parla di anomia, questo concetto è centrale: assenza di norme, caduta di norme e di valori tradizionali che non viene in società sostituita da altri punti di riferimento. Parla dunque di una sorta di anarchia di leggi in cui la devianza è inevitabile, necessaria, fisiologica.

La devianza è necessaria e fisiologica, dunque ha aspetti positivi poiché rafforza la solidarietà e sentimenti condivisi dal gruppo.

Durkheim sostiene che la devianza sia un fatto sociale necessario, funzione di adattamento, una forza innovatrice che cambia, cambia il modo di fare la legge e la rinnova: il crimine, infatti, porta ad una innovazione e un aggiornamento delle leggi scritte, come fatto positivo.

Sollecita una risposta da parte della società, portando ad un aumento della solidarietà tra concittadini. Definisce i confini sociali.

Il mondo moderno lascia più spazio alle libere scelte individuali, vi è meno conformismo e più individualismo e più predisposizione al crimine come comportamento anticonformista.

2 forme di solidarietà

Durkheim parla di solidarietà all’interno di una società e cita il passaggio da una solidarietà definita meccanica ad una definita organica, un passaggio che naturalmente conduce all’anomia.

Da una società meccanica, contadina, redistributiva, tradizionale, collettiva, semplice, fatta di leggi non scritte ma consuetudinarie, si passa ad una solidarietà urbana, figlia dell’industrializzazione e di valori quali razionalità, scienza e individuo posti al centro.

Le norme interiorizzate, in questo passaggio, mancano o restano incerte, lasciando l’individuo insicuro.

Questa teoria è assolutamente attuale nel contesto in cui ci troviamo: questo passaggio solidale, ad esempio, si può verificare in occasione dei grandi flussi migratori, soprattutto in determinate aree geografiche in cui i flussi partono dai paesi più poveri con destinazione quelli più ricchi.

Questo passaggio di valori, di cultura, di cambiamento, vi è un naturale aumento dell’anomia e di criminalità per adattamento.
In questo passaggio, frastornato dall’innovazione, dagli stimoli, dalle differenti mete da raggiungere con i pochi mezzi a disposizione, in questo stato si trova l’anomia e così il crimine.

Il suicidio di Durkheim: 3 tipologie

È comunque chiaro che ogni rottura dell’equilibrio sociale genera un forte impatto sugli individui, questo il presupposto de il suicidio di Durkheim.

Lo studio sociologico, avente l’obiettivo di analizzare le dinamiche e i fatti sociali che concorrono a determinare l’atto suicida, pone le basi per una più ampia osservazione del rapporto che intercorre fra i processi individuali di matrice psicologica e i numerosi fattori presenti in ogni contesto sociale.

Il processo di osservazione sociale in via di sviluppo fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 trova come suo coronamento l’opera di Emile Durkheim Il Suicidio.

Fattori quali l’incertezza diffusa, l’instabilità economica, il risentimento sociale, le diseguaglianze acquistano rilevanza nelle nostre società ed emergono come determinanti nel compimento di tali fenomeni.

Il suicidio di Durkheim altro non è che una forma di espressione che l’individuo detiene per esprimere la sua reazione allo sviluppo e ai cambiamenti delle nostre società.

Si chiama suicidio ogni morte che risulti mediatamente o immediatamente da un atto positivo o negativo compiuto dalla vittima stessa“.

Vi sono molteplicità di ragioni circa le cause che sono alla base dell’atto suicida teorizzato ne il suicidio di Durkheim, che fanno riferimento sia all’individuo nella sua sfera emotiva socialmente determinata sia alle condizioni sociali in cui egli vive.

“Le cause di morte sono situate fuori di noi, molto più che in noi e ci colpiscono soltanto se ci avventuriamo nella loro sfera di azione” (Durkheim, il Suicidio, Introduzione all’opera).

Il Suicidio di Durkheim è suddiviso in tipologie. Viene elaborata una classificazione dei suicidi secondo tre modalità sociali, da cui derivano il suicidio egoistico, altruisticoanomico.

  • Il suicidio egoistico

Questa tipologia di suicidio prevede che la persona perda i propri riferimenti del gruppo di appartenenza. In un gruppo si scambiano emozioni, pensieri e idee e si può ottenere supporto morale quando necessario. Ciò consente all’individuo di acquisire forza per la vita e di non doversi preoccupare così tanto se non si raggiungono tutti gli obiettivi individuali. L’integrazione troppo bassa nelle comunità sociali fa sì che le persone perdano il loro sé sociale e la vitalità dell’esistenza.

  • Il suicidio altruistico

Questa tipologia di suicidio porta la persona a credere, con sentimenti di speranza e forte convinzione, che vi sia qualcosa di meglio oltre. È più positivamente accettato e compreso dalla società.

  • Il suicidio anomico

La tendenza dell’uomo a raggiungere sempre nuovi risultati e a migliorare e a crescere economicamente la propria situazione, di sforzarsi sempre per il nuovo, perde interesse in esso non appena viene raggiunto, per concentrarsi su nuovi progressi. Questa esistenza è inquieta e conduce a un vuoto interno. Chi commette questo tipo di suicidio non basta a se stesso e non è integrato socialmente.

 

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Articolo di Martina Petrucciani

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BIBLIOGRAFIA

Bagnasco, Barbagli, Cavalli, Corso di sociologia, Il Mulino, 2007 Capitolo VIII. Devianza e criminalità.
Èmile Durkheim, il Suicidio, Introduzione all’opera.

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