Famiglie di oggi: gli anni 20

Per studiare la categoria di violenza in famiglia e disturbi psichici è importante partire da un’analisi sociologica relativa alla famiglia.

La famiglia di oggi non è la famiglia del nostro passato e dei nostri nonni, caratterizzata da nuclei famigliari allargati, in condivisione dello stesso tetto, famiglie numerose, in cui vigeva il principio di dipendenza dei figli dai genitori.

Già negli anni passati, ai figli era richiesto di adattarsi alle esigenze dei propri genitori ed al loro contesto socio culturale e economico; vi era maggiore genuinità, semplicità, legata ad una minore disponibilità di mezzi e maggiori difficoltà a raggiungere le mete e gli obiettivi.

La società attuale si è evoluta nella direzione di lasciare sempre maggiore libertà ai figli, libertà economica, di spostamento, di scelta.

I figli di oggi sono nati nel pieno della rivoluzione tecnologica e digitale, veloce, piena di stimoli sociali, fatta di social network, in un momento storico che lascia spazio ai giovani, in un contesto socio-culturale che dà molta attenzione e importanza all’apparire e all’avere, più che all’essere.

La famiglia di oggi è caratterizzata dai nuclei più piccoli, spesso monogenitoriali, separati dai nonni, più autonomi; si entra in età genitoriale più tardi, si dilata l’età di ingresso nel mondo del lavoro e così l’indipendenza economica dei figli, che restano per lungo tempo in casa con i propri genitori, con i quali si confrontano, crescono, spesso condividendone le responsabilità.

Violenza in famiglia e disturbi psichici: i figli

Nello studio della violenza in famiglia e disturbi psichici, emergono dinamiche genitoriali particolari: complice la rivoluzione sociale, i genitori possono celare propri conflitti personali come l’incapacità reale o percepita di gestire i rapporti con gli altri adulti dietro atteggiamenti di glorificazione ed esibizione, verso gli altri, delle capacità grandiose del proprio figlio; utilizzandolo, dunque, per nascondere le proprie fragilità.

I figli possono altresì essere “usati” come collante tra genitori in conflitto; figli iperprotetti per colmare un vuoto è la situazione di madri che impostano un rapporto malato e disfunzionale con il figlio; figli vittime del narcisismo dei genitori.

Questo genera un rapporto inadeguato dei genitori nei confronti dei figli che, a lungo andare, può sfociare in sindromi e forme di violenza in famiglia e disturbi psichici.

In questo senso, il figlio viene utilizzato per nascondersi dietro ai propri fallimenti socio-emotivi ma anche lavorativi, che si creano dalla spinta narcisistica, quando non è stato possibile raggiungere i propri obiettivi.

Forme di violenza in famiglia e disturbi psichici si possono osservare nei comportamenti quali l’uso pretestuoso dell’amore per il figlio per esercitare l’odio e la vendetta sul partner che si è separato, che possono sfociare nella categoria di violenza in famiglia e disturbi psichici tipica della Sindrome di Alienazione Parentale.

Il genitore può, altresì, in certe forme di violenza disfunzionali, proiettare sul figlio fantasmi personali irrealizzati e di natura narcisistica, anche pretendendo o disegnando sul figlio un’immagine che pertiene più se stessi che a lui, rischiando di non rispettare i suoi diritti, i suoi gusti, le sue proprie passioni.

Questi comportamenti possono portare i figli a forti fragilità nei confronti della socializzazione, fino a comportamenti contro la legge e a forme di violenza subdole, subite e agite.

Violenza in famiglia e disturbi psichici: le coppie

Allora vediamo come correlare la violenza in famiglia e disturbi psichici, all’interno delle coppie.

Per comprendere il ruolo della psicopatologia personale in una relazione diadica, immaginiamo:

  1. Una donna caratterizzata da tratti di personalità ipomaniacali, con aspetti positivi tra cui: allegria, vivacità, coinvolgimento emotivo, creatività.
    E i suoi aspetti negativi quali: tratti aggressivi ed egoistici, infedeltà, imprevedibilità ed incostanza.
  1. Una donna caratterizzata da tratti di depressione, con gli aspetti positivi come: la prudenza, la mediazione, empatia forte fino alla dipendenza dall’altro, la calma, la disponibilità al sacrificio personale, auto-colpevolizzazione, grande affidabilità e fedeltà.
    E tutti i tratti negativi come: mancanza di autostima, insicurezza cronica, blocco delle iniziative, controllo maniacale sugli altri.

Immaginiamo due donne con questo quadro patologico, accomunate dal bisogno di manipolare l’altro, inteso ad esempio come uomo di potere, per i propri fini, in un circolo continuo caratterizzato dal timore dell’abbandono e del fallimento.

Se l’obiettivo, ad esempio, è la scalata sociale, la donna del primo esempio utilizzerà la sua personalità forte e la seconda la sua accondiscendenza, come armi manipolative; considerando il maggior successo di quest’ultima che, come sostenuto da studi di emotività criminale, avrà maggiore presa depressiva nell’attrarre a sé una relazione caratterizzata da dipendenze; senza voler qui essere esaustivi in merito.

Il secondo esempio può essere riportato nell’uomo con caratteristiche di personalità maschilista, narcisista, perverso e antisociale, fino a psicopatico, ovviamente parlando in termini forensi criminologici, che attira a sé una vittima ai fini della sua manipolazione e dominazione.

Anche l’emozione ha un ruolo importante nelle correlazioni di violenza psicologica e disturbi psichici.

La persistenza di modalità abituali di comportamento che implica manifestazioni di aggressività interpersonale con gli altri, possono essere un sintomo di diversi disturbi di personalità, come quella narcisistica e passivo-aggressiva.

Nella criminologia e nel mondo forense, quando si studiano le relazioni tra emozioni e comportamento, non si possono dimenticare le rabbie croniche, una variabile importante anche nello studio della motivazione dei comportamenti contro legge, in particolare i comportamenti violenti sulla persona.

  • Il sentimento di amarezza per un tradimento subito, ideologico o relazionale, può portare all’acting out violento, in maniera etero- o auto-riferita. Se diretta verso soggetti esterni può sfociare in omicidio, se auto-riferita, la violenza può condurre a rischi suicidari;
  • Il sarcasmo, in una relazione disfunzionale, può essere espressione di considerazioni amare, pungenti, sprezzanti verso l’oggetto di sarcasmo che può essere l’altro nella relazione; la persona indirettamente colpita viene distrutta psicologicamente. Si tratta della massima espressione aggressiva dell’umorismo;
  • La scontrosità è una forma soffocata di rabbia del narcisista, utilizzata per comunicare disprezzo ed è responsabile di generare nell’altro sentimenti di colpa e confusione;
  • L’uso aggressivo del silenzio rientra nella categoria di violenza in famiglia e disturbi psichici, in questo caso la mancanza di comunicazione esasperata è una forma fredda di rabbia celata che produce sentimenti di ansia, di colpa e incertezza nell’altro.

La rabbia narcisistica

Esiste un narcisismo utile al raggiungimento di un’adeguata maturità personale e sociale; non è sempre dunque espressione negativa come alternativa all’altruismo, può essere utile per la valorizzazione di sé stessi, senza negare le nostre ambizioni. La consapevolezza riguardo la presenza di queste forze narcisistiche è fondamentale per trasformarle in autostima realistica, che Integra l’empatia nei confronti degli altri.

 

Se questo articolo ti è piaciuto non dimenticarti di seguirci anche su Facebook e Youtube!
Per avere maggiori informazioni sui corsi di Forensics Academy o per porci qualsiasi domanda puoi scriverci a info@forensicsteam.it!

Articolo di Martina Petrucciani

Se ti é piaciuto condividi!

× Contattaci!